Le acque terapeutiche

Le Terme e le acque dell'Umbria

Una regione lontana dal mare eppure regno di acqua che percorre il fondovalle e nei paesi e nelle città esplode in fontane, tipici esempi di arte dei centri storici circondate da palazzi civili, comunali e da edifici religiosi. L'acqua in Umbria è ovunque anche dove non è così evidente, diventa così mistica e miracolosa, mitica e profana, evoca antichi riti che sacralizzano la natura stessa. 

Le numerose sorgenti di acque minerali, già apprezzate dai Romani rappresentano motivo d'orgoglio per questa terra dove il rispetto della natura e l'attenta tutela dell'ambiente è parte integrante dei valori culturali dell'Umbria. Il sottosuolo umbro è particolarmente ricco di acque minerali le cui proprietà benefiche e curative sono rinomate da millenni e vengono utilizzate sia per cure idropiniche nei centri termali che per l'imbottigliamento.

In questo paesaggio aspro e roccioso della Valnerina, dove il fiume penetra tra le rocce creando gole e anfratti profondi, si trovano i luoghi di culto più conosciuti e frequentati d’Italia. Ma tutta la zona dell’Umbria tra Spoleto, Foligno e Norcia è disseminata di chiese, abbazie, cappelle nate nei luoghi di natura, che già in epoca pagana erano sempre stati veri e propri “santuari naturali terapeutici”, ancora oggi l'elemento "Acqua" è oggetto della devozione popolare.

Miracolose acque sotterranee
Nei pressi di S. Anatolia di Narco, vicino a Spoleto, si incontra la piccola abbazia romanica di San Felice, edificata sull’eremo in cui furono sepolti i santi Mauro e Felice che, secondo la leggenda, salvarono gli abitanti della zona dal fiato velenoso di un drago. L’episodio, scolpito nel fregio sotto il rosone della facciata, si riferisce verosimilmente all’opera di bonifica delle paludi realizzata dai monaci. Ma ciò che ha reso per secoli questo luogo meta di pellegrinaggio è l’acqua della risorgiva che scorre sotto l’abbazia e che si riteneva guarisse le malattie della pelle: nel presbiterio di fronte all’altar maggiore vi era una buca, protetta da una grata di ferro, dove le madri lavavano i bambini affetti da scabbia o da altre malattie cutanee.


Il desiderio di essere madre
Sono moltissime in Umbria le acque sotterranee, sorgenti, risorgive a cui la tradizione popolare ha attribuito proprietà di purificazione e guarigione; il luogo in cui l’acqua affiora dal terreno o sgorga dalla roccia è diventato così un luogo sacro, di contatto privilegiato tra la divinità e l’uomo che vi erige un “santuario”. Come quello di Santa Maria di Pietrarossa, lungo la via Flaminia fra Trevi e Foligno, una chiesa duecentesca costruita sulle rovine di una città romana, con l’interno tutto decorato di affreschi.
Il nome deriva dalla pietra rossa incastonata in un pilastro della chiesa, con un foro da cui sembra che anticamente sgorgasse un’acqua taumaturgica che curava la sterilità; seguendo una tradizione in cui si mescolano elementi cristiani e magici, nella notte di S. Giovanni, le donne dei paesi vicini venivano al santuario, infilavano il dito nel foro della pietra rossa, facevano tre volte il giro dell’altare, toccavano l’affresco raffigurante S. Giovanni e poi andavano a bere l’acqua miracolosa del pozzo a pochi metri dalla chiesa.


Camiciole di neonati come ex voto
Le puerpere che non avevano latte si recavano all’abbazia di San Silvestro, salendo da Collepino verso il Monte Subasio, e chiedevano al Santo la grazia bevendo l’acqua della fontana; un’acqua molto efficace se dobbiamo credere al numero di cuffiette e camiciole di neonati annodate alla cancellata della chiesa dalle madri riconoscenti che riuscivano ad allattare dopo averla bevuta. In alcuni santuari, come quello della Madonna della Peschiera a Borgo Preci, la gratitudine per la guarigione ottenuta si è manifestata nei secoli attraverso gli ex voto, quadretti di ceramica con dipinta la scena del miracolo, un grande affresco storico della vita quotidiana della gente comune. 

 
Acque contro la malaria
Numerosi i santuari dedicati a S. Michele Arcangelo, eretti spesso ai limiti dei pascoli, vicino a sorgenti di acque calcaree e terapeutiche utilizzate dai pastori nei mesi della transumanza contro le febbri malariche.
Uno di questi è il Santuario di S. Angelo de gructis a Roviglieto di Foligno, sulle pendici del Monte Cologna, chiamato anche Madonna del Riparo; costruito nell’XI secolo in un’ampia e profonda grotta naturale a cui si accede tramite una scala scavata nella roccia, venne riscoperto nell’800 dopo secoli di abbandono. Il giorno della festa di S. Michele Arcangelo i malati venivano a bere e a bagnarsi all’acqua del pozzo posto presso l’ingresso della grotta. 


La Vergine dei miracoli
Molti luoghi di culto sorgevano dove già esistevano un eremo, una cappella con le reliquie di un santo o un’edicola con l’immagine della Vergine che, in seguito a un fatto miracoloso, divenivano oggetto di particolare devozione popolare.
È quanto avvenuto per il santuario della Madonna delle Grazie, edificato nel XV secolo nei pressi di Rasiglia, tra Spoleto e Foligno, sul greto di un fosso. 

Proprio su questo fosso, vicino a una sorgente d’acqua già ritenuta terapeutica, era stata ritrovata una statua in terracotta della Vergine col Bambino. Contesa dagli abitanti di Verchiano che la volevano nella loro chiesa, la statua ogni volta, secondo la leggenda, ritornò miracolosamente di notte dove era stata trovata. Perfino i buoi si rifiutarono di trainare il carro su cui si cercava di trasportarla. 

Sul luogo del ritrovamento venne quindi costruito un santuario che ancora oggi è un importante luogo di culto per gli abitanti della valle del Menotre e del Folignate.




Sulle rocce per guarire le ossa 
La salita all’eremo di S. Maria Jacobis, a Sasso di Pale (Foligno), è lunga e faticosa, un vero cammino di purificazione che i pellegrini percorrevano scalzi per espiare i peccati e guarire nel corpo e nello spirito. Lungo il sentiero vi sono delle fessure nelle rocce che, secondo la leggenda, sarebbero le impronte dei piedi e delle mani della santa eremita che si recava sul monte a pregare e a fare penitenza; proprio in queste profonde incisioni i malati di reumatismi e di malattie delle ossa appoggiavano i loro arti per ottener la guarigione o almeno un sollievo al loro dolore.Un caso particolare, vicino a Foligno, è il santuario dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, legato alla storia della famiglia Cancelli, i cui primogeniti maschi hanno, tramandato direttamente dagli apostoli, il dono di guarire il male di sciatica con l’imposizione delle mani. Un dono riconosciuto dalla Chiesa che, per poter accogliere l’enorme numero di malati in cerca di guarigione, nel 1700 autorizzò la costruzione del grande santuario dedicato agli Apostoli.